lunedì 20 febbraio 2012
[Diario] Ricordando Magnus
Non mi sono mai piaciuti i necrologi, specie quelli scritti in occasione degli anniversari. Le ragioni di questa avversione sono di natura personale, e vi basti sapere questo. Quest'anno, però, pochi giorni dopo il sedicesimo anniversario dalla morte di Magnus, ho "trovato" questo video che sono finalmente riuscito a vedere con calma solo pochi giorni fa.
E mi ha fatto un effetto strano.
Perché Magnus, al secolo Roberto Raviola, l'ho incontrato una sera nella redazione di Granata Press, poco prima del Natale 1994, quando ero solo un giovinastro in piena gavetta, che l'art director Roberto Ghiddi (grande amico del Maestro, come era solito chiamarlo) stava facendo maturare come sceneggiatore con i calci in culo per i quali non lo ringrazierò mai abbastanza.
Nei primi anni '90 internet non c'era. Pazzesco pensarci oggi, ma allora era molto più difficile sapere che faccia avesse un autore, pure se così famoso. E così, quando mi trovai davanti a questo signore piccino, col baffone folto, chiuso in un cappotto e con un Borsalino i cui colori non ricordo, non avevo idea di chi avessi davanti. Ghiddi me lo presentò come "il Maestro" e io, stupidamente, non feci due più due, anche se avevo gli avevo già sentito tante volte usare quel soprannome per Magnus. Strinsi la mano a quel signore simpatico e timido per poi sbiancare quando, rimasto in ufficio con Ghiddi, capii chi avessi appena incontrato. Mio zio Fabio, grande appassionato del suo lavoro (nonché uno dei principali colpevoli del mio avviamento al fumetto) non me l'ha mai perdonato.
Non lo incontrai più, e mi spiace aver perso l'occasione per dirgli quanto il suo lavoro mi avesse insegnato ad amare il fumetto. A partire da Alan Ford per passare a Kriminal e Satanik, il suo capolavoro Lo Sconsciuto così come quel Necron che leggevo di nascosto nell'edizione tascabile Edifumetto celata dai più grandi (e innocui) albi dei supereroi Marvel-Corno, fino a gioielli quali Le 110 Pillole e il celebre Texone che fu anche il suo canto del cigno.
Risentire la sua voce e quel suo modo di ripetere "capito?" mentre spiega a Red Ronnie (brrr...) come svolgeva le sue meticolose ricerche, roba da far impallidire i wiki-esperti moderni, fa un certo effetto. E mostra la modesta e al contempo inimitabile professionalità di un artista che vorrei potesse avere ancora oggi la possibilità di continuare a stupirci con il suo lavoro.
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